GIUSEPPE MOLTENI
(Affori, 1800 - Milano, 1867)
RITRATTO DI SCULTORE (?) DI PROFILO, 1840 circa
Olio su carta, 33 x 25,5 cm
Questo inedito olio su carta è stato recentemente riferito alla mano di Giuseppe Molteni, del quale si riconosce a prima vista l’inconfondibile cifra stilistica caratterizzata da una materia densa e corposa distribuita sul supporto con rapide ma precise pennellate che definiscono la figura attraverso la giustapposizione delle tinte irrorate da sapienti colpi di luce.
Campione assoluto del ritratto ambientato, Molteni qui ritorna ad una composizione essenziale che coglie il ritrattato a mezzo busto di profilo su uno sfondo neutro, trattato sul lato sinistro con un progressivo stemperamento dei toni bruni che virano verso sfumature rosacee, mentre a destra, in corrispondenza del volto, le tonalità scure sono bruscamente interrotte dall’irruzione diretta della fonte luminosa.
Il proverbiale estro del pittore, guidato da un impareggiabile virtuosismo tecnico, si dispiega liberamente, del tutto affrancato dai vincoli imposti nell’elaborazione dei ritratti ordinati su commissione. Un’opera intima, non destinata a circolare attraverso i canali ufficiali, sconosciuta dunque agli elenchi delle rassegne a cui Molteni partecipò.
Un probabile omaggio reso al ritrattato, ancora privo di un nome: un artista, si direbbe, dall’abbigliamento, forse uno scultore, per la foggia del berretto, interprete, immaginiamo, di uno spaccato di vita all’interno dello studio del pittore, che a partire dagli anni venti diventò il frequentatissimo punto d’incontro della vita artistica milanese.
Luogo di lavoro e di intense collaborazioni, come testimonia il famoso acquerello che ritrae Molteni e Massimo d’Azeglio impegnati a dipingere insieme (Firenze, collezione privata), ma anche spazio deputato agli eventi mondani: lì si svolse il celebre Brindisi ispirato da Tommaso Grossi per celebrare la guarigione di Hayez alla presenza di tutti gli artisti più noti della città e si celebrò l’omaggio alla cantante Giuditta Pasta, protagonista di uno dei suoi ritratti più amati (Milano, collezione privata), che ricevette in dono un’opera ciascuno dai frequentatori più assidui dell’atelier (Francesco Hayez, Giovanni Migliara, Vitale Sala, Giuseppe Longhi e Francesco Durelli). Il pittore utilizzava il suo studio, magnificato da celebri riviste internazionali, anche come luogo di rappresentanza, ospitando collezionisti e viaggiatori italiani e stranieri, che arrivavano per un ritratto, per sfruttare le sue doti di restauratore o per ammirare la sua collezione di dipinti antichi e la raccolta di archeologia, che avrà certamente attirato l’interesse del protagonista del nostro ritratto mentre Molteni era intento a coglierne l’effigie.
Riferimenti bibliografici: F. Mazzocca, in Giuseppe Molteni (1800-1867) e il ritratto nella Milano romantica, catalogo della mostra, Milano 2000, pp. 24-27, 198-199 (fig. p. 104), 208-209 (fig. p. 149).